LA SFORTUNA CHE VIENE DALLA BOCCA

26.12.2014 22:41



Il Daishonin indica nella lamentela una sicura causa di sfortuna e, invece, nel cuore sincero una causa per la fortuna. Lamentele e critiche distruttive portano solo pesantezza che si accumula nella vita e si diffonde nell'ambiente, impedendo la realizzazione di qualunque nostro scopo.

Lamentele e critiche impediscono i benefici

«Non lamentarti con gli altri delle difficoltà che incontri nella vita. Se lo fai non ti comporti da persona intelligente» (I tre tipi di tesori, SND, 4, 177).
Nichiren Daishonin scrisse questo Gosho per Shijo Kingo che si trovava in gravi difficoltà a causa delle calunnie dei suoi colleghi del clan di Ema.
In questa lettera Nichiren Daishonin lo ammonì severamente dicendogli che il fatto di "lamentarsi" con altre persone, anche se erano i suoi familiari, di "autocommiserarsi", di "criticare" e di "odiare" i suoi colleghi e avere risentimento nei confronti del suo signore, non faceva altro che recargli disonore.
Nichiren Daishonin ci insegna che "le lamentele" e "le critiche" distruttive non risolvono nulla anche se abbiamo ragione; un simile atteggiamento debole è semplicemente stupido, non degno di un praticante che dovrebbe essere una persona saggia e intelligente.

Quando ci troviamo di fronte a una difficoltà insormontabile capita spesso di:
1) Lamentarci, pensando che noi siamo le vittime e la colpa è tutta delle altre persone. Per esempio ci lamentiamo dicendo: «Perché sto recitando tanto Daimoku ma non viene la risposta dal Gohonzon?» oppure «Perché nessuno mi aiuta a sostenere i membri?» oppure «Perché tutti ce l'hanno con me, anche se non ho fatto nulla di male?» oppure «È colpa sua, se io sto soffrendo».
2) Autocommiserarci, pensando di non essere capaci di risolvere il nostro problema, di non valere niente, negando in questo modo la nostra natura di Budda.
3) Criticare, cioè giudicare negativamente una persona, dicendo delle cattiverie e facendo pettegolezzi. Questo tipo di critica non ha niente a che vedere con la capacità di fare un'analisi critica costruttiva, che è indispensabile per riuscire ad aiutare veramente una persona. Quindi quando diamo giudizi su una persona dobbiamo sempre chiederci se lo stiamo facendo per aiutarla oppure per parlare male di lei. Anche nel Gosho si legge: «La sfortuna viene dalla bocca e ci rovina, la fortuna viene dal cuore e ci fa onore» (SND, 4, 272).
Anche il presidente Makiguchi diceva che, per quanto una persona possa dare la colpa agli altri, non dimostrerà la propria innocenza. E il presidente Ikeda dice: «Con un atteggiamento interiore di lamentela, autocommiserazione e critica si cancella la buona fortuna. Anche le divinità celesti abbandoneranno una persona simile. Anche le persone che la circondano piano piano la ignoreranno. Oltre a perdere ciò che possiede, si troverà in una situazione sempre peggiore».
Infatti, moltiplicando mille per zero si ottiene zero. Per quanto ci impegniamo nel fare Gongyo, Daimoku e attività, se ci lamentiamo perderemo i benefici e non realizzeremo nulla. Otterremo sempre zero.

 

La lamentela, l'autocommiserazione e la critica sono il riflesso di una fede debole

 

Nichiren Daishonin ha detto: «I discepoli di Nichiren non possono realizzare niente se sono codardi» (L'insegnamento, la pratica e la prova, SND, 6, 201).
Avere una forte fede vuol dire avere coraggio. La forza di chi crede nel Buddismo di Nichiren Daishonin è quella di saper affrontare la realtà con coraggio, soprattutto nelle situazioni più difficili.
Non dimentichiamo che "le lamentele", "l'autocommiserazione" e "le critiche" sono il riflesso dell'ichinen debole della nostra fede e del nostro cuore; decidiamo di raccogliere il potere della fede con una forte preghiera e affrontare le difficoltà e le sofferenze con coraggio, compiendo azioni concrete. Allora riusciremo a trasformare le sofferenze in grandi benefici.
Il presidente Ikeda dice: «Non mi lamento, né mi autocommisero, né ho timori. Ho l'ichinen limpido della forte fede e del coraggio. Soltanto per chi si comporta in questo modo sorge il grande potere benefico della Legge mistica. Se non si è forti non si può assaporare il vero beneficio».
Inoltre, o la fede è forte oppure è debole. Non c'è un livello intermedio. Per quanto una persona s'impegni nel fare Gongyo e nel partecipare alle attività, se non riesce a esprimere la sua forza interiore non può né trasformare il proprio karma né accumulare buona fortuna. Per non parlare di chi pratica lamentandosi sempre, autocommiserandosi e criticando gli altri credenti. Chi pratica con questo atteggiamento annullerà i suoi benefici, indebolirà la sua vita e finirà per distruggere le sue speranze per il futuro.
Avere una forte fede significa avere una fede coraggiosa che ci porta a lottare di fronte alle sofferenze e alle difficoltà. Significa pregare e agire risolutamente, pieni di convinzione, di determinazione e con obiettivi sempre chiari. Se una persona ha una forte fede riuscirà a trasformare il proprio karma e nello stesso tempo ad accumulare buona fortuna.

 

La recitazione del Daimoku al posto della lamentela
 

 

Nel suo poema dedicato alle madri, il presidente Ikeda scrive: «Madri, madri intelligenti, recitate Daimoku invece di lamentarvi. Guardate avanti piuttosto che intorno a voi».
Quando una persona si lamenta dicendo: «Come mai mi sto sforzando così tanto, ma non ho ancora realizzato il mio desiderio?», non riuscirà a risolvere la situazione ma, al contrario, la complicherà e la peggiorerà ulteriormente, provocherà dubbi ai più giovani nella fede e creerà imbarazzo a chi invece si sta sforzando di incoraggiarli.
Quando, invece, una persona decide di risolvere a tutti i costi un problema, sia personale che dell'organizzazione buddista, attraverso la fede, e si mette davanti al Gohonzon, allora la sua preghiera aprirà la strada per risolverlo.
Questo significa sostituire la recitazione del Daimoku alla lamentela.
Il punto fondamentale per non annullare i benefici e la fortuna che deriva dalla fede è quello di "non lamentarsi", di "non autocommiserarsi" e di "non criticare" distruttivamente e, inoltre, "non provare odio e gelosia nei confronti dei compagni di fede".
Infatti anche se versiamo continuamente l'acqua del rubinetto in un secchio, se il secchio è forato perderà tutta l'acqua e rimarrà vuoto.
Così, per quanto ci impegniamo nella nostra pratica personale e nelle attività per kosen-rufu, se nell'ichinen della nostra fede abbiamo il "buco" della lamentela, dell'autocommiserazione, della critica, dell'odio e della gelosia, perderemo tutti i benefici e cancelleremo la nostra fortuna.
Nichiren Daishonin dette questo consiglio a Shijo Kingo: «Le virtù invisibili portano retribuzioni visibili. I tuoi colleghi hanno parlato male di te a Ema ed egli ha creduto a essi, ma con la tua lealtà e con il sincero e forte desiderio di salvare il tuo signore per la prossima vita, hai continuato a sviluppare la tua fede e così hai ottenuto questo beneficio.
«E questo non è che l'inizio: sii sicuro che la tua grande ricompensa deve ancora venire.
«Inoltre devi mantenere buoni rapporti con gli altri credenti, senza vedere, sentire o rilevare ciò che può dispiacerti. Rimani calmo e continua a pregare. Quanto ti ho esposto non è soltanto un'opinione mia. È il cuore dei tremila volumi delle scritture non-buddiste e dei cinquemila volumi delle scritture buddiste» (Virtù invisibile e ricompensa visibile, SDN, 6, 177).
Nichiren Daishonin dice che, in alcuni casi, è necessario e saggio mantenere calmi sia la nostra mente che il nostro cuore, e continuare a pregare, non dimenticando la finalità della nostra pratica, ovvero la felicità propria e di tutte le persone.
Cioè bisogna, nonostante le critiche, i dispiaceri e le calunnie, andare avanti lo stesso, mettendo sempre in primo piano questo obiettivo.
Se non facciamo così, i dispiaceri avrà il sopravvento su di noi, e i demoni utilizzeranno questa condizione vitale per entrare nella nostra vita.
Si può parlare di fede quando decidiamo di non lamentarci, di non autocommiserarci, di non criticare ma dare buoni consigli, di non provare odio o gelosia e soprattutto di non mancare di rispetto verso i credenti.

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